13enne costretta a sposare il suo rapitore e a convertirsi all’Islam
Minacciata di morte, una minorenne cristiana è stata costretta a sposare il suo rapitore e a convertirsi all’Islam, nonostante i tentativi della sua famiglia di riaverla.
Shahid Gill, il padre cristiano, ha raccontato che è stato un tribunale pakistano a consegnare la figlia 13enne a un musulmano di 30 anni.
Nel mese di maggio di quest’anno, Saddam Hayat, insieme ad altre 6 persone, ha rapito la piccola Nayab.
Stando a quanto appreso, Shahid Gill è cattolico e lavora come sarto, mentre la figlia, che frequentava la seconda media, lavorava come assistente in un salone di bellezza di proprietà di Saddam Hayat.
Infatti, a causa della chiusura delle scuole per la pandemia, Hayat si era offerto di formare la bambina affinché imparasse un mestiere e potesse essere d’aiuto alle finanze della famiglia.
“Hayat mi ha detto che, invece, di perdere tempo, Nayab dovrebbe imparare a fare la parrucchiere per sostenere finanziariamente la sua famiglia. Si è persino offerto di venirla a prendere a casa e di lasciarla dopo il lavoro, assicurandoci di trattarla come una figlia”, ha raccontato Shahid Gill a Morning Star News.
Hayat aveva anche promesso di dare a Nayab uno stipendio di 10.000 rupie al mese, circa 53 euro. Però, dopo pochi mesi, ha smesso di mantenere la parola data.
La mattina del 20 maggio, la minore è scomparsa e Shahid Gill e la moglie Samreen si sono recati in caso del capo della figlia per avere sue notizie ma non si trovava lì. Poi, il musulmano ha contattato la famiglia, affermando di non sapere dove fosse la 13enne.
“Si è offerto di aiutarci a trovarla e ci ha anche accompagnato in vari luoghi per cercarla”, ha detto il padre.
Samreen si è recata poi alla stazione di polizia per denunciare la scomparsa della figlia, sebbene accompagnata da Hayat, che le ha “raccomandato” di non dire che Nayab lavorava nel suo salone.
“Mia moglie inconsapevolmente si è fidata di lui e ha fatto quello che le ha detto”, ha raccontato il padre.
Giorni dopo, le autorità di polizia hanno informato la famiglia che Nayab si trovava in un centro di accoglienza femminile dal 21 maggio, dopo aver presentato una richiesta a un tribunale, sostenendo che aveva 19 anni e che si era convertita volontariamente all’Islam.
Però, il suo certificato di matrimonio è stato presentato in modo sospetto il 20 maggio, il giorno prima. Il giudice, però, ha ignorato le prove presentate dal padre della minore.
Nonostante il 26 maggio i genitori siano andati a trovare la ragazzina, che aveva espresso il desiderio di tornare a casa, il giorno dopo Nayab ha detto alla corte di essere una donna di 19 anni e che si era convertita all’Islam da sola.
Il giudice, dal canto suo, ha rigettato i documenti dei genitori che servivano a verificare la reale età della figlia, nonché altri articoli importanti, basandosi soltanto sulla dichiarazione di Nayab, resa palesemente sotto minaccia.
“Il giudice ha accettato la richiesta di Nayab di lasciare il rifugio e restare con la famiglia di Hayat. E non c’era niente che potessimo fare per fermarlo”, si è lamentato il padre.
“Mia madre è svenuta in aula non appena il giudice ha letto la sentenza e mentre ci stavamo prendendo cura di lei, la polizia ha portato via Nayab in silenzio”.
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