Visione dell’Inferno di Maria Valtorta
Gli uomini di questo tempo non credono più all’esistenza dell’inferno. Si sono congegnati un al di là a loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto castigo. Discepoli più o meno fedeli dello Spirito del Male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente credesse all’Inferno così come la Fede insegna che sia; sanno che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento, nella paura troverebbe il pentimento e col pentimento la via per tornare a Me.
Ti ho detto che il Purgatorio è fuoco di amore. L’Inferno è fuoco di rigore.
Il Purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui Essenza vi è brillata nell’attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il Signore Dio vostro. Attraverso l’amore conquistate l’Amore, e per gradi di carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a renderla candida e lucente per entrare nel regno della Luce i cui fulgori ti ho mostrato giorni sono.
L’Inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intravveduto nel particolare giudizio non è, come per i purganti, santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dallo spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena, ogni attimo di pena, li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso se stessi.
Dopo averlo adorato. Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo posseggono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillìo dell’oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei mercanti di immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e l’onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone strumento al vizio che le bestie non conoscono – alla lussuria, attributo dell’uomo avvelenato da Satana – adesso li odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette appetiti della loro carne e del loro sangue tutte le soddisfazioni, calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché si vedono causa del loro tormento.
La parola Odio tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei chachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; suona, suona, suona come una eterna campana a martello; squilla come una eterna buccina di morte; empie di sé i recessi di quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella ad ogni suo suono il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere. L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore, e muore e rinasce ad ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta al rivivere per un nuovo tormento. Tutto il delitto di aver tradito Dio nel tempo sta di fronte all’anima nell’eternità; tutto l’errore di aver ricusata Dio nel tempo sta per suo tormento presente ad essa per l’eternità.
Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate coi più appetitosi aspetti, e stridono, stridono il loro memento: “Hai voluto il fuoco delle passioni. Ora abbiti il fuoco acceso da Dio il cui santo Fuoco hai deriso”.
Fuoco risponde a fuoco. In Paradiso è fuoco di amore perfetto. In Purgatorio è fuoco di amore purificatore. In Inferno è fuoco di amore offeso. Poiché gli eletti amarono alla perfezione, l’Amore a loro si dona nella sua Perfezione. Poiché i purganti amarono tiepidamente, l’Amore si fa fiamma per portarli alla Perfezione. Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi, men che del Fuoco di Dio, il Fuoco dell’ira di Dio li arde in eterno. E nel fuoco è gelo.
Oh! che sia l’Inferno non potete immaginare. Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno, sete, ferite, malattie, piaghe, morte, e fatene una unica somma e moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella tremenda verità.
Nell’ardore insostenibile sarà commisto il gelo siderale. I dannati arsero di tutti i fuochi umani avendo unicamente gelo spirituale per il Signore Iddio loro. E gelo li attende per congelarli dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al gelo che condensa.
Oh! non è un linguaggio metaforico, poiché Dio può fare che le anime, pesanti delle colpe commesse, abbiano sensibilità uguali a quelle di una carne, anche prima che quella carne rivestano. Voi non sapete e non credete. Ma in verità vi dico che vi converrebbe di più subire tutti i tormenti dei miei martiri anziché un’ora di quelle torture infernali.
L’oscurità sarà il terzo tormento. Oscurità materiale e oscurità spirituale. Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto la luce del paradiso ed esser nell’abbraccio della Tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio” Dibattersi in quell’orrore tenebroso in cui si illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore confitti! Non trovare appiglio, in quel rimestio di spiriti che si odiano e nuocciono a vicenda, altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi con essa. La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e nutrirà questi morti per l’eternità.