Devozione al Santo Rosario: come si prega realmente, si parla con Maria
La cosa più importante del Santo Rosario non è la recita delle Ave Maria, ma è la contemplazione dei misteri di Cristo e di Maria durante la recita delle Ave Maria. La preghiera vocale è soltanto a servizio della preghiera contemplativa, altrimenti rischia la meccanicità e quindi la sterilità. Bisogna tener presente questo punto fondamentale per valutare la bontà e l’efficacia del Rosario che si recita, sia da soli che in gruppo.
La recita del Rosario impegna la voce e le labbra, la contemplazione del Rosario, invece, impegna la mente e il cuore. Quanto più è presente la contemplazione dei misteri di Cristo e di Maria, dunque, tanto più è alto il valore di un Rosario. In questo si scopre la più vera ricchezza del Rosario «che ha la semplicità di una preghiera popolare – dice il papa Giovanni Paolo II – ma anche la profondità teologica adatta a chi avverte l’esigenza di una contemplazione più matura».
Per favorire la contemplazione durante la recita del Rosario, infatti, si suggeriscono soprattutto due cose: 1. far seguire all’annuncio di ogni mistero la «proclamazione di un passo biblico corrispondente», che faciliti l’attenzione e la riflessione sul mistero enunciato; 2. fermarsi alcuni attimi in silenzio per meglio fissarsi sul mistero: «La riscoperta del valore del silenzio – afferma infatti il Papa – è uno dei segreti per la pratica della contemplazione e della meditazione». Ciò serva a far comprendere l’importanza primaria della contemplazione, senza la quale, come diceva già il papa Paolo VI «il Rosario è corpo senz’anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule».
Anche in questo, i nostri maestri sono i Santi. Una volta fu chiesto a san Pio da Pietrelcina: «Come recitare bene il Santo Rosario?». San Pio rispose: «L’attenzione deve essere portata all’Ave, al saluto che rivolgi alla Vergine nel mistero che contempli. In tutti i misteri essa era presente, a tutti partecipò con l’amore e con il dolore». Lo sforzo della contemplazione deve portarci appunto alla partecipazione ai misteri divini «con l’amore e con il dolore» della Madonna. A Lei dobbiamo chiedere l’attenzione amorosa alle scene evangeliche che ogni mistero del Rosario ci presenta, e da cui trarre ispirazioni e ammaestramenti di una santa vita cristiana.
Si parla con la Madonna
L’incontro più immediato che si fa nel Rosario è con la Madonna, a cui ci si rivolge direttamente con le Ave Maria. San Paolo della Croce, infatti, recitando il Rosario con tutto il suo fervore, sembrava che parlasse proprio con la Madonna, e raccomandava perciò vivamente: «Il Rosario si deve recitare con grande devozione perché si parla con la Santissima Vergine». E del papa san Pio X si diceva che recitava il Rosario «meditandone i misteri, assorto e come assente alle cose della terra, pronunciando le Ave con tale accento che qualcuno ebbe a pensare se egli vedesse in spirito la Purissima che invocava con sì infuocato amore».
Riflettendo, inoltre, che al centro, al cuore di ogni Ave Maria c’è Gesù, si capisce subito che esso, come dice il papa Giovanni Paolo II, «costituisce il baricentro dell’Ave Maria, quasi cerniera tra la prima e la seconda parte», messo ancor più in evidenza dalla breve aggiunta cristologica riferita ad ogni mistero. Ed è appunto a Lui, a Gesù, enunciato in ogni mistero, che noi si va proprio attraverso Maria e con Maria, «quasi lasciando – insegna ancora il Papa – che sia Lei stessa a suggerirlo a noi», facilitando così quel «cammino di assimilazione, che mira a farci entrare sempre più profondamente nella vita di Cristo».
Nel Rosario recitato bene, in sostanza, noi ci rivolgiamo direttamente alla Madonna, con le Ave Maria lasciandoci prendere da Lei perché ci introduca nella sua contemplazione dei misteri divini gaudiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi. E, difatti, sono proprio questi misteri, dice il Papa, che «ci mettono in comunione viva con Gesù attraverso – potremmo dire – il Cuore della sua Madre». La contemplazione della mente e del cuore della divina Madre, infatti, è la contemplazione dei Santi nella recita del Santo Rosario.
Santa Caterina Labouré, dallo sguardo d’amore intenso con cui guardava l’immagine dell’Immacolata, lasciava trasparire anche esternamente la sua contemplazione mentre recitava il Rosario, pronunciando con dolcezza le Ave Maria. E di santa Bernardetta Soubirous si ricorda che quando recitava il Rosario i suoi «occhi neri, profondi e brillanti, diventavano celestiali. Contemplava la Vergine in spirito; sembrava ancora in estasi». Lo stesso avveniva a san Francesco di Sales, il quale consiglia anche a noi, in particolare, di recitare il Rosario «in compagnia dell’Angelo Custode». Se imitiamo i Santi, anche il nostro Rosario diventerà «contemplativo», come la Chiesa raccomanda.