Pensieri sulla fede: quando Dio e l’uomo si parlano
Dio ha parlato all’uomo. Sin da quando lo creò nel paradiso terrestre, gli infuse la facoltà di riconoscere il bene e il male. È intervenuto poi a parlare sempre più apertamente per mezzo dei patriarchi, dei profeti, di Gesù Cristo e dell’ultimo Apostolo quando l’uomo si poneva colpevolmente nel pericolo di non sapere più distinguere ciò che è lecito da quello che è illecito.
Dio parla ancora oggi all’uomo, sebbene in modo diverso dagli inizi della storia. Parla attraverso la lettura della Bibbia, il significato della tradizione cristiana, il magistero della Chiesa, le ispirazioni della Grazia, le esperienze dei secoli, il succedersi degli avvenimenti che mettono in evidenza ora questo ora quell’attributo di Lui.
Egli parla per dare la giusta risposta ad ogni problema di ogni tempo, essendo sempre attuale e sempre immutabile, principio e termine di ogni riferimento, fonte e foce di tutti i ragionamenti.
Credere in Lui significa appunto questo: cercare la sua Parola, trovarla, accoglierla e osservarla, perché è quella che decide in qualunque circostanza di tempo, di luogo e di persona. Non può dirsi credente in Dio chi non si interessa nemmeno di cercare la sua Parola.
Anche l’uomo deve parlare a Dio, cioè domandargli spiegazione, invocarne l’aiuto, fare la sua volontà, obbedirgli per amore e amarlo per se stesso. Non basta dunque parlare di Dio: lo fanno anche gli atei; ma occorre parlare a Dio per poter dire senza la smentita dei fa fatti che si ha fede in Lui.
Quando dunque c’è dialogo tra Dio e l’uomo, allora c’è la Fede. E con questa, c’è la premessa indispensabile per il superamento di ogni male e la conquista di ogni possibile bene. La cercava Giacomo Puccini quando diceva a un amico sacerdote: “Dammi la tua fede ed io ti dò la mia Tosca”. La rimpiangeva il Cavour scrivendo in un suo quaderno di pensieri: “Che cos’è la felicità senza la Fede? Non è che un fiore in un bicchiere d’acqua, senza radici e senza durata”. La raggiungeva il poeta, Federico De Maria quando, accorso con il capo improvvisamente imbiancato per l’emozione al capezzale del figlio miracolosamente guarito, gli rispondeva: “Sai, stanotte il Signore è venuto a trovarmi e, nell’andar via, mi ha carezzato sul capo e mi ha lasciato questo segno d’argento”. La possedeva, questa Fede, san Francesco d’Assisi quando ripeteva allegramente come un ritornello: “Mio Dio, mio tutto”.
Fonte: Pensieri sulla fede – Quando Dio e l’uomo si parlano