Papa Francesco: “Ci sono peccati più gravi di quelli della carne”
Papa Francesco ha spiegato la sua decisione di accettare le dimissioni e, quindi, di rimuovere dal suo incarico di arcivescovo di Parigi, mons. Michel Aupetit, dopo alcune inchieste giornalistiche su sue presunte relazioni sentimentali risalenti al 2012.
Parlando con i giornalisti sul volo che lo ha riportato a Roma da Atene dove ha concluso il suo 35esimo viaggio apostolico a Cipro e in Grecia, Francesco ha detto: “se non conosciamo l’accusa non possiamo condannare… Prima di rispondere io dirò: fate le indagini, perché c’è pericolo di dire: è stato condannato. Ma chi lo ha condannato? L’opinione pubblica, il chiacchiericcio… non sappiamo… se voi sapete perché, ditelo, al contrario non posso rispondere. E non saprete perché è stata una sua mancanza, una mancanza contro il sesto comandamento, ma non totale, di piccole carezze e massaggi che faceva alla segretaria, questa è l’accusa”.
“Questo è peccato ma non è dei peccati più gravi, perché i peccati della carne non sono i più gravi. – ha poi detto Francesco – Quelli più gravi sono quelli che anno più angelicalità: la superbia, l’odio. Così Aupetit è peccatore, come lo sono io, come è stato Pietro, il vescovo sul quale Gesù Cristo ha fondato la Chiesa”.
“Come mai la comunità di quel tempo aveva accettato un vescovo peccatore, e quello era con peccati con tanta angelicalità, come era rinnegare Cristo! Perché era una Chiesa normale, era abituata a sentirsi peccatrice sempre, tutti, era una chiesa umile. Si vede che la nostra la Chiesa non è abituata ad avere un vescovo peccatore, – ha detto ancora Papa Francesco – facciamo finta nel dire: ‘è un santo il mio vescovo…’ No, questo cappelluccio rosso… tutti siamo peccatori. Ma quando il chiacchiericcio cresce, cresce, cresce e ti toglie la fama di una persona, no, non potrà governare perché ha perso la fama non per il suo peccato, che è peccato – come quello di Pietro, come il mio come il tuo – ma per il chiacchiericcio delle persone. Per questo ho accettato le dimissioni, non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia”.