“Avevo la sla ma a Lourdes ho ripreso a camminare”. Medico: evento inspiegabile

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«Un fenomeno scientificamente inspiegabile, che io stesso impiegherò del tempo a elaborare»: così il neurologo Adriano Chiò, dell’ospedale Molinette di Torino, ha definito la guarigione della sua paziente affetta da Sla Antonietta Raco, 50 anni, di Francavilla sul Sinni (Potenza), che ha ripreso a camminare dopo un viaggio a Lourdes.

«Non ho mai visto un caso come questo», ha detto il medico. Nessuno, nemmeno la diretta interessata, parla di miracolo. Lei preferisce parlare di «dono». Il medico precisa: «Questa visita era programmata da tempo, e non serviva ad accertare eventuali prodigi. Per questo ci sono le autorità ecclesiastiche». Intanto, però, Antonietta Raco, malata di sla dal 2004 e in carrozzella dal 2005, cammina senza impaccio. Continua il neurologo: «A giugno, quando l’ho visitata, non era in grado di muoversi. Solo di alzarsi dalla sedia a rotelle e stare in piedi con un appoggio. Non ho mai osservato niente di simile in un malato di Sla. È un male che può rallentare, ma non migliora». La donna continuerà, comunque, ad essere seguita presso il reparto di Neurologia delle Molinette, e il professor Chiò ha già ordinato -“per pura cautela» spiega – la ripetizione di alcuni esami che la donna ha effettuato in Basilicata nei giorni scorsi.

Antonietta, che insieme al marito Antonio Lofiego, è rientrata da un pellegrinaggio a Lourdes organizzato dalla diocesi di Tursi e Lagonegro, è ancora incredula: «Il viaggio di andata, l’ho fatto nel vagone barellati del Treno Bianco Unitalsi. Il giorno dopo, nella vasca benedetta, ho sentito una voce femminile dirmi di farmi coraggio. Pensavo fosse un segno che sarei peggiorata ancora, ma poi ho sentito come un abbraccio, e un forte dolore alle gambe. Ho capito che qualcosa stava accadendo».

Tornata a casa, ha nuovamente sentito la stessa voce: «Mi diceva di raccontare a mio marito quel che era successo. Io allora l’ho chiamato, e davanti a lui mi sono alzata e gli sono andata incontro. Da allora non mi sono più mossa in carrozzella. Solo la prima volta che sono uscita, perchè prima di mostrarmi a tutti volevo consultarmi con il parroco». Una gioia insperata, quella di Antonietta e dei suoi quattro figli, da cui però la «miracolata» rischia di essere sopraffatta.

«E’ come una vincita al Superenalotto, che porta con sè anche incredulità e senso di colpa», spiega la psicologa Enza Mastro, dell’Associazione piemontese per l’assistenza alla Sla. «Nei protagonisti di queste guarigioni insperate c’è spesso vergogna rispetto agli altri malati, poca voglia di uscire e mostrarsi, timore dell’invidia altrui. E comunque è un’emozione complessa che ci vuole tempo per gestire. Importantissimi sono gli affetti e le sicurezze quotidiane: la signora ha una famiglia solida di cui le farà bene occuparsi, e ha molta fede, che è un rifugio fondamentale in casi come questo».