Biografie dei Santi: Emma Alutto
Visino serio che ispira fiducia, dei bei riccioli bruni raccolti in due treccine non troppo lunghe, espressione vivissima di grandi occhi azzurri, intelligenza precoce e cuore generoso, il tutto in una statura piuttosto piccola: ecco Emma Alutto.
Nacque ad Alba il 19 maggio 1928 e vi morì la domenica delle Palme, il 5 aprile 1936.
Tra gli affetti del suo cuore Emma ha riservato un posto speciale per Gesù Bambino.
– A chi vuoi più bene, Emma? – domanda qualche volta la mamma.
– Prima voglio bene a Gesù, poi alla Madonna, poi a voi, i miei cari mamma e papà.
E al piccolo Gesù Emma parla con tenerezza, offre i fiori del prato, rinnova l’offerta di sé. E Gesù ascolta, accetta, sorride.
Talvolta, la piccola, segue in chiesa la mamma. Mentre questa rimane in ginocchio lei, con passi concitati e svelti si dirige alla balaustra. Fissa con amore il Tabernacolo, unisce le mani e prega per alcuni istanti. Dopo darà ragione del suo atto alla mamma: “È per vedere meglio Gesù”.
Quando la mamma torna a casa da Messa, dove ha ricevuto la Comunione, Emma chiede un bacio:
– Mamma, adesso profumi di Gesù!
Come tutti i bambini Emma cade in qualche difetto, ma in generale non fa i capricci, perché sa che non piacciono a Gesù. Uno sguardo severo della mamma la richiama al dovere. Si pente e supplica veramente pentita: – Mamma, perdonami, non lo farò più.
Un bacio della mamma e la bimba riprende serena il suo gioco.
Emma non ha delle sorelline con cui divertirsi, perché i sei fratelli sono tutti più grandi di lei. Gioca un po’ con la bambola e poi va a sedersi accanto alla mamma per osservarla mentre cuce. – Senti, mamma, – le dice una volta – ora io dico: “Io sono tutta tua e tutto quanto posseggo te lo offro, amabile mio Gesù, per mezzo di Maria tua Santissima Madre” e tu lo ripeti con me. E quando io dico: “Gesù è con noi”, tu rispondi; “Noi siamo con Gesù”. Poi, non bisogna più parlare.
La mamma, per accontentare la piccola, faceva con lei quella Comunione spirituale e taceva per qualche istante. Ma poi rivolgeva la parola ad Emma che, qualche volta, sarebbe stata capace di continuare il silenzio anche per più di un’ora. Chi aveva insegnato alla piccola quel modo di unire la preghiera con il lavoro? Il suo spirito di osservazione. Le alunne della Pia Società di san Paolo, presso le quali Emma si recava spesso, nell’esercizio del loro apostolato stampa, accompagnano il lavoro con preghiere, giaculatorie, Comunioni spirituali, Rosari ed offrono il silenzio come mezzo per ottenere delle grazie. Emma aveva visto, imparato e poi imitato.
Aveva appena cinque anni e già da più di una anno supplicava la mamma perché le permettesse di fare la prima Comunione.
– Sei troppo piccola – dicevano le suore dove frequentava l’Asilo.
– Ma Gesù vuole bene ai piccoli! – rispondeva lei.
Non temette di presentarsi al Vescovo per ottenere il favore tanto desiderato. Mons. Grassi guardò quella bimba dal viso serio e sereno. In quegli occhi lucenti ed espressivi vide tutto l’ardente desiderio di un’anima assetata del suo Dio e concesse volentieri il permesso che gli veniva chiesto.
Emma era felice. Il 3 maggio 1934 si unì per la prima volta con il suo Gesù. Da quel giorno, quante Comunioni ricevette la cara bambina!
– Ora, mamma – diceva – sono grande anche io. Chiamami pure presto al mattino, verrò con te alla Messa a ricevere Gesù.E fu fedele, anche quando faceva freddo e stare al caldo sotto le coperte le avrebbe fatto piacere. Qualche volta la mamma non poteva accompagnarla in chiesa. Emma, allora, invece di andare in parrocchia, che era più distante, si recava nella chiesa di san Paolo dove era sicura di trovare qualche suora. Le si avvicinava con garbo e le diceva: – Suora, mi aiuti a prepararmi per ricevere la Comunione.
Nell’autunno de 1934 Emma cominciò ad andare a scuola. Divento presto una scolara modello, talmente che la maestra ne era orgogliosa e tutta le compagne la prendevano a modello.
Emma era nata nel mese di maggio, il mese della Madonna. Vedeva il suo Gesù Bambino quasi sempre in braccio alla Madonna e come voleva bene a lui voleva bene alla sua Mamma.
Da piccola, aveva imparato a recitare la corona del Rosario ed ogni sera, nella famiglia raccolta davanti l’immagine della Madonna, si distingueva, fra tutte, la sua vocina di bimba ha che intonava e guidava la preghiera, lo non so capire – diceva un giorno alla mamma – come mai certe persone trovino lunga la recita del Rosario. Si fa così presto a finirlo!
Ed essa ne recitava tanti. Com’era lieta quando alla sera poteva dire:
– Oggi, mamma, ho recitato quattro, cinque, sei Rosari! Quanti fioretti sapeva offrire alla Madonna nel mese di Maggio e al sabato!
Un giorno, avendo sete, aveva avvicinato alle labbra un bicchiere di acqua fresca, ma ad un tratto lo allontanò dicendo: “Non ricordavo più il fioretto: ieri il sacerdote ha detto di non bere fuori pasto”.
Spesso, nel giardino della suore dove frequentava l’Asilo, Emma sospendeva il gioco, si portava davanti alla statua della Vergine Maria, sostava un poco e poi tornava a giocare con le compagne. Cosa andava a fare? A pregare, o forse ad offrire alla Madonna i fioretti che aveva imparato a fare e che contava su un’apposita coroncina regalatale dalle Figlie di san Paolo. Il più bel premio per lei era di poter andare nella chiesa di san Paolo.
Emma, anche se ancora piccola, amava e apprezzava l’apostolato della stampa delle Figlie di san Paolo, tanto da desiderarlo per sé:
– Quando sarò alta – diceva – mi farò Figlia di san Paolo.
Ai primi di dicembre del 1935, Emma accusò un forte mal di denti. Fu il principio di una serie di mali. La bimba soffriva, ma non si lamentava. Fu portata all’ospedale della città per una visita e invece si ritenne opportuno trattenerla. – Vuoi rimanere in ospedale, Emma? – le domandò la mamma.
– Se volete che rimanga, sì…
E una grossa lacrima luccicò su quegli occhi azzurri. Alla bimba costava molto il distacco dai suoi familiari, ma l’offrì al signore insieme con gli altri dolori fisici. Era però contenta perché, come disse “ogni mattina poteva fare la Comunione”. Il male progrediva ed Emma venne riportata in famiglia. Sentiva di dover lasciare presto questa terra, perciò amava più che altre volte la compagnia della mamma.
– Mamma, parlami di Gesù, – chiedeva – non voglio sentire altro, ti prego.
Sempre gentile con tutti, non permetteva a nessuno, oltre la mamma, di toccarla. Un giorno rimandò a più tardi, l’iniezione perché in camera c’era una persona estranea.
Tutti erano impressionati dalla serenità di questa bambina. Alcuni andavano a farle visita per il semplice gusto di sentirla parlare. Emma non negava mai il suo sorriso e la sua parola, ma se chi le si presentava non fosse stato vestito decentemente, non otteneva alcuna risposta. Così, una volta, davanti ad una persona distinta, ma truccata e scollacciata, non si riuscì a farle aprire bocca, nonostante che avesse parlato fino a quel momento, cosa che continuò a fare dopo che la signora si allontanò. I giorni passavano lenti e le notti sembravano interminabili. Emma volle fare la sua confessione generale.
– La mia anima è bianca come dopo il Battesimo – disse allora.
Non temeva la morte e non voleva che altri si rattristassero per lei.
– Non piangere, – diceva alla mamma – se muoio vado in Paradiso. Lassù pregherò tanto il Signore che mandi qualcuno a consolarti.
– Presto andrò in Paradiso. – disse un giorno – Quando sarò morta mi metterai il vestito bianco della prima Comunione, le calze bianche, il velo ed anche i guanti… e mi scioglierai i capelli, come santa Agnese.
• Perché, Emma, non chiedi a Gesù di farti soffrire di meno? – domandò, per provarla, un sacerdote – Potresti andare in Paradiso camminando sulla strada coperta di rose…
– No, no, padre. Io voglio andare in paradiso per la via piena di spine.
Un giorno, dopo la santa Comunione, Emma dice alla mamma che vuole lasciare questa terra.
– E dove vuoi andare?
– In Paradiso, sì, in Paradiso.
La notte del sabato 4 aprile, Emma dice di vedere Gesù, la Madonna, l’Angelo Custode, poi la sofferenza si fa ancora più atroce. Lei stessa invita a pregare, suggerisce giaculatorie, mentre ansima di dolore. Soffre e si contorce nel suo piccolo corpo martoriato. Ad un tratto si gira leggermente, allarga le braccia e dice:
– Mamma, voglio darti l’ultimo bacio. Anche a te, papà, il mio ultimo bacio… soffro tanto… tanto.
Vuole che la mamma, e solo lei, gli scaldi i piedi con le sue mani e, dopo, domanda:
– Che ora è?
– Sono le due e mezzo – risponde la mamma.
– Troppo presto, è ancora troppo presto.
E continua a soffrire e a mormorare giaculatorie. Un segno delle labbra ormai esauste avvisa la mamma che le porge il Crocifisso. Emma, con un ultimo sforzo, stringe le labbra e lo bacia. Poi, con debolissima voce, chiama la mamma e il papà: – Ciao mamma, ciao papà! Gesù mio, misericordia! Cuore di Gesù, venga il tuo re…gno!
L’ultima sillaba le muore sulle labbra. Lentamente china la testa sul braccio della mamma e non si muove più.
Erano le tre del mattino della Domenica della Palme.
Emma era andata a cantare il suo “Osanna a Colui che viene nel nome del Signore”.
Autore: Maria Cecilia Calabresi
Fonte: Come fiori per Gesù