Devozione ai defunti: che cos’è il Purgatorio?
Un mese consecrato ai Defunti:
– apporterà sollievo a quelle care e sante anime, coll’eccitarci a suffragarle;
– porterà vantaggio a noi, poiché se il pensiero dell’inferno aiuta a schivare il peccato mortale, il pensiero del purgatorio ci allontana dal veniale;
– darà gloria al Signore, poiché il paradiso si aprirà a tante anime che canteranno al Signore per l’eternità onore e lode.
Il Purgatorio è lo stato di purificazione in cui vengono a trovarsi, dopo morte, le anime che sono passate all’altra vita o con qualche pena ancora da scontare, o con peccati veniali non ancora perdonati.
S. Tommaso dice: «È scritto della Sapienza che niente di macchiato trovasi in essa. Ora l’anima si macchia appunto col peccato, da cui può purificarsi però con la penitenza. Ma spesso accade che una penitenza completa e piena non si fa sulla terra. Ed allora si passa all’eternità portando debiti con la Divina Giustizia: poiché non sempre si accusano e detestano tutti i peccati veniali; né sempre nella confessione rimane del tutto scancellata la pena dovuta al peccato grave o veniale che sia. Ed allora queste anime non meritano l’inferno; né possono entrare in cielo; è necessario che vi sia un luogo di espiazione, e questa espiazione si fa con pene, più o meno intense, più o meno lunghe».
«Allorché una persona vive con il cuore attaccato alla terra potrebbe di un tratto cambiare i suoi affetti? Occorre che un fuoco purificatore consumi le impurità dell’amore; onde possa ardere il fuoco d’amore divino che accende i beati.
Allorché una persona ha fede languida, quasi spenta, e l’anima vive come avvolta nella ignoranza e nell’ombra e guidata da massime terrene, come potrebbe d’un tratto sopportare quella luce altissima, splendentissima, inaccessibile, che è il Signore? Attraverso il Purgatorio i suoi occhi compiranno gradatamente il passaggio dalle tenebre alla luce eterna».
Il Purgatorio è lo stato in cui le anime fredde si vanno esercitando in desideri santi di stare sempre e solo con Dio. Il Purgatorio è lo stato in cui Dio, per mezzo di un lavoro sapientissimo e misericordioso, va rendendo belle e perfette le anime. Là gli ultimi ritocchi del pennello; là l’ultimo lavoro di scalpello perché l’anima sia degna di restare nelle sale celesti; là l’ultima mano perché l’anima sia tutta profumata ed imbalsamata dal Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo e possa venir accolta in odore di soavità dal Padre Celeste. È giustizia e misericordia divina nello stesso tempo il Purgatorio; come è giustizia e misericordia insieme tutto il mistero di Redenzione. È Dio che compie il lavoro che non ebbe l’ardore di compiere l’anima da se stessa sulla terra.
Uscita dal carcere del corpo, l’anima con un solo sguardo abbraccerà tutti e singoli i suoi atti interni ed esterni, con tutte le circostanze onde furono accompagnati. Di tutto renderà conto, fin di una parola oziosa, vana, ancorché proferita forse settant’anni prima. «Di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio». Nel giorno del giudizio i peccati ci si mostreranno assai più gravi che durante la vita, come per un giusto compenso anche le virtù brilleranno di un più vivo splendore.
Un religioso per nome Stefano venne trasportato in ispirito al tribunale di Dio. Stava egli ridotto in agonia sul suo letto di morte, quando eccolo turbarsi improvvisamente e rispondere ad un interlocutore invisibile. I suoi fratelli di religione che circondavano il letto, ascoltavano con terrore queste sue risposte: — Feci, è vero, la tale azione, ma m’imposi pur tanti anni di digiuno. — Io non nego quel fatto, ma l’ho pianto per tanti anni. — Ancor questo è vero, ma in espiazione ho servito il mio prossimo per tre anni continui. — Indi, dopo un momento di silenzio, esclamò: — Ah! su questo punto ho nulla da rispondere; voi mi accusate a giusto titolo, e non ho altro per mia difesa che raccomandarmi alla misericordia infinita di Dio.
S. Giovanni Climaco, che riferisce questo fatto di cui fu testimonio oculare, ci fa sapere che quel religioso aveva vissuto quarant’anni nel suo monastero, che aveva il dono delle lingue e molti altri grandi privilegi, che avanzava di gran lunga gli altri monaci per la esemplarità della sua vita e pei rigori delle sue penitenze, e conchiude con queste parole: «Me infelice! che cosa mai diverrò e qual cosa potrò sperare io così meschino, se il figlio del deserto e della penitenza trovavasi privo di difesa dinnanzi a poche colpe leggiere?».
Una persona era cresciuta di giorno in giorno in virtù, e per la sua fedeltà nel corrispondere alla grazia divina era giunta ad un grado di altissima perfezione, quando s’ammalò gravemente. Il suo fratello, il beato Giovanni Battista Tolomei, ricco egli di meriti innanzi a Dio, non poté con tutte le sue fervorose preghiere ottenerne la guarigione; ricevette essa quindi con commovente pietà gli ultimi sacramenti, e poco prima di spirare ebbe una visione nella quale osservò il posto che le era riservato in Purgatorio, in punizione di alcuni difetti che non erasi abbastanza studiata di correggere durante la vita; in pari tempo le furono manifestati i diversi tormenti che le anime soffrono laggiù; dopo di che spirò raccomandandosi alle preghiere del suo santo fratello.
Mentre veniva trasportato il cadavere alla sepoltura, il beato Giovanni Battista appressandosi al feretro, ordinò alla sorella di levarsi, ed ella quasi risvegliandosi da un sonno profondo, ritornò con istrepitoso miracolo in vita. Nel tempo che proseguì a vivere sulla terra quell’anima santa raccontava sul giudizio di Dio tali cose da far fremere di terrore, ma ciò che più d’ogni altro confermò la verità delle sue parole fu la vita che menò: rigorosissime erano le sue penitenze, avendo ella, non contenta delle sue austerità comuni a tutti gli altri santi, come sarebbero le veglie, i cilizi, i digiuni, e le discipline, inventato nuovi segreti per martoriare il suo corpo.
E poiché di ciò veniva talvolta ripresa e biasimata, avida com’era di umiliazioni e contrarietà, non se ne inquietava punto, ed a coloro che ne la riprendevano rispondeva: Oh! se conosceste il rigore de’ giudizi di Dio, non parlereste così!
Nel Simbolo degli Apostoli noi diciamo che Gesù Cristo dopo la sua morte «discese all’inferno». «Il nome d’inferno, dice il Catechismo del Concilio di Trento, significa quei luoghi nascosti, in cui sono tenute prigioni le anime che non ancora ottennero l’eterna beatitudine. Uno è una nera ed oscura prigione, in cui le anime dei reprobi sono del continuo tormentate, cogl’immondi spiriti, da un fuoco che giammai si spegne. Questo luogo, che è l’inferno propriamente detto, si chiama ancora geenna e abisso.
«Vi è un altro inferno, in cui trovasi il fuoco del Purgatorio. In esso le anime dei giusti soffrono per un certo tempo, ond’essere pienamente purificate, prima che abbiano aperta l’entrata nella patria celeste; giacché niente di macchiato potrebbe mai entrarvi.
«Un terzo inferno era quello in cui venivano ricevute, prima della venuta di Gesù Cristo, le anime dei santi, e nel quale godevano un tranquillo riposo, esenti da dolori, consolate e sostenute dalla speranza di loro redenzione. Sono quelle anime sante che nel seno di Abramo aspettavano Gesù Cristo e che furono liberate quando scese all’inferno. Allora il Salvatore subitamente in mezzo ad esse sparse una brillante luce, che le riempì di una gioia ineffabile e fece loro godere della sovrana beatitudine, che trovavasi nella visione di Dio. Allora si verificò quella promessa di Gesù al ladrone: “Oggi sarai con me in Paradiso” [Lc 23,43]».
«Un sentimento probabilissimo, dice S. Tommaso, e che d’altronde s’accorda con le parole dei Santi e colle particolari rivelazioni, si è che per l’espiazione del Purgatorio vi sarebbe un doppio luogo. Il primo sarebbe destinato alla generalità delle anime, ed è situato abbasso, vicino all’inferno; il secondo sarebbe per casi particolari, e da esso sarebbero uscite tante apparizioni».
S. Bernardo, celebrando una volta la S. Messa nella chiesa che sorge presso le Tre Fontane di S. Paolo a Roma, vide una scala che dalla terra andava fino al cielo, e su per essa gli Angeli che andavano e venivano dal Purgatorio, togliendo di là le anime purganti e conducendole tutte belle al Paradiso.
PRATICA: Imprimiamoci nella mente, ripetendole spesso nel giorno, queste tre parole: «Paradiso, Purgatorio, Inferno».
GIACULATORIA: L’eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce eterna. Riposino in pace! Così sia.