Esperienze di premorte, un neurogolo italiano ha indagato
Le esperienze di premorte, meglio note in termini scientifici come Near Death Experience, stanno conoscendo un interesse crescente. Trascurate nel secolo scorso e archiviate come fenomeni pseudo paranormali o afferenti a patologie psichiatriche, le Nde secondo recenti studi presentano una precisa epidemiologia, sono state misurate e non sono eventi così labili e sporadici come si potrebbe immaginare. L’incidenza è intorno al 10% e in alcune particolari casistiche, arrivano fino al 18 per cento, ad esempio in pazienti in arresto cardiaco. A occuparsi del tema fin’ora eminenti studiosi stranieri. Per la prima volta un medico italiano, il professor Enrico Facco, docente di Anestesiologia e Rianimazione presso l’Università di Padova e specialista in Neurologia e terapia del dolore si è cimentato in lavoro che riguarda la Nde, dal titolo “Esperienze di premorte – Scienza e coscienza al confine tra fisica e metafisica”, edizioni Altravista, in cui analizza una ventina di casi di pazienti che hanno vissuto esperienze di uscita dal corpo e di vita oltre la vita.
Ecco la sua opinione in merito.
“Le Nde sono esperienze di tonalità mistica molto forte – spiega il professor Facco – in cui il paziente ha la sensazione di entrare in un tunnel e di vedere una luce nel fondo di esso. La maggior parte di loro racconta di avere incontrato parenti defunti o persone sconosciute, probabilmente defunte. Inoltre, vengono descritti contatti con entità superiori. Per quasi tutti i soggetti analizzati è presente una revisione olografica di tutta la propria vita, quasi se ne dovesse fare un bilancio.
Tutti sperimentano una gioia e una serenità di straordinaria profondità e intensità, solo in una esigua minoranza si è assistito ad esperienze con qualche tonalità spiacevole. In buona sostanza non siamo di fronte a forme di delirium o di alterazione organica transitoria del cervello senza alcun significato”.
“Le Nde hanno un enorme valore trasformativo e portano il paziente a superare la paura della morte. Molti cominciano a vedere la vita sotto un altro profilo e ad elaborare nuove e diverse prospettive metacognitive. Per gran parte dei pazienti esaminati avviene una fase fisiologica di crisi e di trasformazione in cui il soggetto, partendo dalla sua visione precedente della vita, elabora una nuova strategia di intendere la vita e il mondo in un senso cognitivamente più evoluto e più bello”.