Il Cristo Velato tra storia e leggenda
Il Cristo Velato è una di quelle creazioni che ci lascia senza fiato attirando viaggiatori, estimatori e turisti da ogni parte del mondo. La scultura più famosa al mondo alimenta da secoli numerose leggende.
Il Cristo Velato, fin dal 700′ è custodito nella Cappella Sansevero di Napoli. Dal 2006 quest’opera è stata dichiarata come il Monumento simbolo della città Partenopea. Lo scultore è riuscito a dare vita ad una statua a grandezza naturale. A rendere la scultura unica nel suo genere è il velo trasparente in marmo che copre il corpo privo di vita di Gesù Cristo. Il misterioso Principe di Sansevero, Rimondo di Sangro, era un estimatore dell’arte e fu proprio lui a commissionare la realizzazione del Cristo Velato.
Secondo una leggenda lui avrebbe insegnato allo scultore Sanmartino la calcificazione del tessuto in cristalli di marmo. Per anni si è erroneamente creduto che la trasparenza del sudario fosse frutto alchemico di marmorizzazione effettuato dal Principe. Lui avrebbe adagiato sulla statua un vero e proprio velo che nel tempo si sarebbe marmorizzato attraverso un processo chimico, dando vita all’opera d’arte così come la conosciamo oggi.
Misteri sulla paternità del capolavoro
I numerosi studi però hanno svelato il mistero: Giuseppe Sanmartino avrebbe in realtà lavorato su un unico blocco di marmo. In un documento, conservato presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli, è riportato un acconto di cinquanta ducati a favore dell’artista napoletano, firmato da Raimondo di Sangro. Nel contratto, il principe scrive: “E per me gli suddetti ducati cinquanta gli pagherete al Magnifico Giuseppe Sanmartino in conto della statua di Nostro Signore morto coperta da un velo ancor di marmo”. Anche nelle lettere spedite al fisico Jean-Antoine Nollet il principe descrive il sudario trasparente come “realizzato dallo stesso blocco della statua”.
Il Cristo Velato è un gioiello che dobbiamo soltanto all’ispiratissimo scalpello di Sanmartino e alla fiducia accordatagli dal suo committente. Siamo davanti, dunque, ad un’opera per certi versi divina che risulta tanto così realistica quanto così impalpabile.