L’importanza e il ruolo del Vangelo e i Sacramenti nella nosta vita Cristiana
In queste brevi riflessioni vogliamo indicare il posto che il vangelo e i sacramenti devono avere nella vita cristiana e nell’attività pastorale, secondo il disegno di Dio.
Nel linguaggio dei Padri della Chiesa il termine sacramento indica qualunque realtà sensibile che racchiude in sé una realtà divina e ce la comunica: in questo senso largo tutte le realtà della Chiesa possono essere considerate sacramento.
Noi qui intendiamo parlare dei sette segni sacramentali che accompagnano l’uomo nel suo cammino terreno dalla nascita (battesimo) al declino (unzione degli infermi). È in questo senso ristretto che usiamo il termine.
Per l’evangelizzazione invece occorre fare il rovescio: prenderla in senso largo. Infatti in senso stretto essa indica l’annuncio missionario ai non credenti, cioè la prima forma che trasmette l’annuncio, con il duplice scopo di suscitare la fede e di spingere alla conversione. Accanto ad essa si pone un’altra forma di predicazione: la catechesi. Essa si rivolge a chi è già credente. Il suo scopo è quello di fortificare la fede e ampliare gli orizzonti, trasmettendo tutto intero il contenuto della Rivelazione.
Nel nostro caso evangelizzazione sta, in senso largo, per qualunque tipo di annuncio, cioè di trasmissione della Parola, e include tanto la predicazione quanto la catechesi.
Anzi include la stessa omelia, che è la forma più completa e autorevole di annuncio del vangelo: completa perché assume, volta per volta, tutte le funzioni della predicazione cristiana; autorevole perché, collocata all’interno della celebrazione liturgica, si imbeve della sua atmosfera e partecipa della sua efficacia.
Quindi Parola e sacramenti sono i due strumenti privilegiati della salvezza.
Spieghiamoci. La salvezza è una sola: è Cristo, con la sua persona e la sua opera. Non c’è salvezza in nessun altro e in nient’altro (At 4,12).
Quindi ogni lavoro è apostolato nella misura in cui apre una strada attraverso la quale i fratelli possano camminare verso il Signore.
Tutto l’immenso sforzo pastorale altro non è che una pedagogia dell’incontro. Ma la pastorale deve mettere in atto i mezzi perché l’incontro avvenga. Vangelo e sacramenti assolvono a questo compito: stabilire il contatto con Cristo, con la sua parola e con la sua azione. E essere così salvati.
È vero che i mezzi sono molti: Cristo si serve di tutto per salvarci. Ma su tutti emergono, per importanza ed efficacia, questi due. Lo documenta il N.T.: Predicate e battezzate, ordina Gesù ai discepoli. Gli apostoli lasciano ad altri le mansioni diverse da queste, compresa l’azione caritativa (At 6,2) per consacrare tutte le loro energie alla preghiera e alla predicazione della Parola. I Padri della Chiesa sono gli uomini della parola e del sacramento, anzitutto e soprattutto. Oggi, come negli altri tempi e forse più che in altri tempi, si tratta di salvare il mondo e di cambiarne il volto. Di fronte a una simile impresa a che cosa servono un po’ di parole buttate sulla gente durante l’omelia o un po’ d’acqua versata sulla testa di un bambino? Ci vuole ben altro, dirà qualcuno. Certo, se si trattasse di gesti umani o di vacue cerimonie, nulla di più inetto e inutile. Ma in quella Parola e in quel gesto è Dio stesso che agisce. L’efficacia è proporzionata alla sua divina potenza. È Lui che, come protagonista, guida la storia. Ora, nel suo agire, la parola e i sacramenti sono i punti di più viva luce e di più potente efficacia (E. Schillebeeckx).
Tra vangelo e sacramenti c’è un vincolo indissolubile radicato nella storia della salvezza. Una mentalità diffusa tra noi tende a dissociare i due elementi: come se la predicazione dovesse trasmettere una dottrina e i sacramenti conferire la grazia. I protestanti hanno sottolineato in modo unilaterale l’importanza della Parola. Per reazione i cattolici hanno sottolineato l’efficacia del rito. Questa contrapposizione polemica ha separato ciò che di sua natura è strettamente connesso. Con grave danno per la pastorale.
Si aveva l’impressione di avere da una parte una Parola che dice ma non fa, e dall’altra un rito che fa ma non dice. Questo non è assolutamente vero.
La Parola di Dio è viva ed efficace (Eb 4,12): Dio fa quello che dice.
La sua Parola è forza per la salvezza di chiunque crede (Rm 1,16).
D’altra parte il rito, in quanto simbolo, esprime anch’esso e comunica un messaggio. Il segno sacramentale non è solo gesto, è anche parola. Per dirla in breve: predicazione e sacramento sono fasi necessarie di un unico itinerario di salvezza di cui una costituisce l’inizio e l’altro il compimento.
È Cristo il sacramento fontale, originale e la parola definitiva. Egli è il gesto supremo di Dio e la sua Parola. Egli è Dio in gesto umano, il supremo sacramento, perché col termine sacramento si intende designare una realtà sensibile che esprime e contiene una realtà divina. Gesù è il sacramento dell’incontro con Dio. La Parola diventa un fatto e si chiama Gesù.
Egli è l’intervento decisivo e definitivo di Dio nella storia degli uomini: la realizzazione finale di ciò che voleva fare. Ma è anche la Rivelazione definitiva: in Lui si esprime tutto ciò che Dio voleva dire.
Egli narra a parole ciò che ha visto nel seno del Padre (Gv 1,18). Ma prima che a parole, lo rivela con il suo essere: la Parola si è fatta carne (Gv 1,14). Quella Parola non è più solo udibile agli orecchi, ma anche visibile agli occhi e palpabile alle mani (1Gv 1,1). Gesù è la gloria di Dio riflessa su un volto umano (2Cor 4,6), è l’amore di Dio che si rivela nell’agire di un uomo.
Gesù dunque rivela Dio con quello che egli è, con quello che dice e con quello che fa. Gesù è la Parola di Dio che diventa fatto, e il fatto che si fa così trasparente e luminoso da diventare parola. Tutta la pastorale è chiamata a una scelta precisa e coraggiosa: deve scoprire che essa ha un riferimento essenziale al mistero di Cristo e spostare di conseguenza l’attenzione dai sacramenti al Sacramento: Gesù. Bisogna guardare al divin Maestro e confrontarsi con lui.
Qual è l’iter da lui seguito nel recare la salvezza? Normalmente egli agisce così: anzitutto predica per suscitare la fede negli ascoltatori. Chi accoglie il messaggio, gli va incontro con viva attesa e fiducia totale. Si attua allora l’incontro: un contatto personale che opera la guarigione. Questo avviene mediante un contatto fisico con la sua umanità: da lui esce una forza che guarisce tutti (Lc 6,19). La guarigione segna l’inizio di una esistenza nuova che diventa testimonianza di Gesù di fronte ai fratelli