Santo del giorno per l’8 febbraio: la storia di Santa Giuseppina Bakhita

Per molti anni, Giuseppina Bakhita è stata una schiava ma il suo spirito era sempre libero e alla fine quello spirito ha prevalso.

Nata a Olgossa nella regione del Darfur nel Sudan meridionale, Giuseppina è stata rapita all’età di 7 anni, venduta come schiava e chiamata Bakhita, che significa  fortunata . Fu rivenduta più volte, infine nel 1883 a Callisto Legnani, console italiano a Khartoum, in Sudan.

Due anni dopo, portò Giuseppina in Italia e la diede al suo amico Augusto Michieli. Bakhita divenne baby sitter di Mimmina Michieli, che accompagnò all’Istituto dei Catecumeni di Venezia, diretto dalle Suore Canossiane. Mentre Mimmina veniva istruita, Giuseppina si sentì attratta dalla Chiesa cattolica. Fu battezzata e confermata nel 1890, prendendo il nome di Giuseppina.

Quando i Michielis tornarono dall’Africa e vollero portare con loro Mimmina e Josephine, la futura santa rifiutò di andare. Durante il procedimento giudiziario che seguì, in nome di Giuseppina intervennero le suore Canossiane e il patriarca di Venezia. Il giudice ha concluso che poiché la schiavitù era illegale in Italia, era effettivamente libera dal 1885.

Giuseppina entrò nell’Istituto di Santa Maddalena di Canossa nel 1893 e tre anni dopo emise la professione. Nel 1902 fu trasferita nella città di Schio (a nord-est di Verona), dove assistette la sua comunità religiosa cucinando, cucendo, ricamando e accogliendo i visitatori alla porta. Ben presto divenne molto amata dai bambini che frequentavano la scuola delle suore e dai cittadini locali. Una volta ha detto: “Sii buono, ama il Signore, prega per coloro che non Lo conoscono. Che grande grazia è conoscere Dio! “

I primi passi verso la sua beatificazione iniziarono nel 1959. Fu beatificata nel 1992 e canonizzata otto anni dopo.

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Riflessione

Il corpo di Giuseppina è stato mutilato da coloro che l’hanno ridotta in schiavitù, ma non hanno potuto toccare il suo spirito. Il suo battesimo la mise su un percorso finale verso l’affermazione della sua libertà civica e poi il servizio al popolo di Dio come suora canossiana.

Lei che ha lavorato sotto molti “maestri” è stata finalmente felice di rivolgersi a Dio come “maestro” e di eseguire tutto ciò che credeva essere la volontà di Dio per lei.